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Ennesima proposta al C.A.Z. – Il Polluce d’inverno

polluce

## COSA ##

Andiamo a scalare il monte Polluce prima del 21/03, ovvero lo facciamo in inverno. Il Polluce (4.091 m.) e’ una delle vette del massiccio del Monte Rosa sulle pennine, sta sullo spartiacque ITA-SUI esattamente in mezzo tra la catena dei Breithorn-Roccia nera e il Castore.

La foto in cima e’ di A.G. e e’ fatta dalla Roccia Nera, invece questa qui sotto l’ho fatta io di persona personalmente dalla vetta del Castore. Il Polluce e’ il monte in primissimo piano, 100 metri piu’ in basso.

polluce_breit_cervino

Questa foto torna molto utile perche’ in essa si vede tutto il percorso di salita proposto, dal passo del Breithorn sullo sfondo, lungo tutto il ghiacciaio di verra fino alla cresta di misto dove si sale e alla cresta di neve che porta in vetta.

## QUANDO ##

Per definizione, prima del 21/03 :)

Direi di considerare buoni TUTTI i weekend di febbraio, il primo con un tempo metereologicamente decente, si va.

## COME ##

Ognuno parte da dove gli pare, l’importante e’ che ci si trova a Cervinia intorno all’ora di pranzo del giorno 1 (venerdi’ o sabato che sia, dipende tutto dal meteo), si lasciano le auto sul parcheggio delle funivie e si sale fino al testa grigia dove sta il Rifugio Guide del Cervino e dove si cena e si dorme.

Intorno alle 5 del mattino del giorno 2 si parte imbragati, ramponati e legati, su’ accanto alle piste del Plateau Rosa, attraverso il passo del breithorn, lungo tutto il grande ghiacciaio di Verra, sotto il bivacco Rossi Volante fino alle pendici del Polluce. Sono circa 3 ore di marcia da fare con i ramponi o con gli sci.

La salita vera e propria comincia da sotto la cresta SO che sono circa 200m di dislivello di misto da fare in conserva con ramponi ai piedi e piccozza in mano, fino a un risalto di 20 metri di III con corde fisse da fare come 1 tiro di corda o in stile ferrata, seguito da una breve crestina di neve che porta in vetta. Discesa e rientro per la stessa via.

Relazioni qui, qui e qui.

## CHI ##

A parte il solito “piu’ siamo piu’ ci divertiamo”, coloro ai quali puo’ interessare la gita tengano a mente queste possibili difficolta’, in ordine di apparizione:

1. Il rifugio guide del cervino sta a quasi 3500 metri. Questo vuol dire che arrivarci senza alcun ambientamento garantisce una notte di merda. Si dorme poco e male e si soffre di mal di testa, inappetenza e nausea. Sapevatelo.

2. Febbraio prima dell’alba tra 3500 e 4000 metri = -15°/-20° tra l’uscita del rifugio e l’attacco della cresta. Cioe’ freddo. Molto.

3. Tre ore su ghiacciaio sono tante, anche se il dislivello e’ poco, lo sviluppo e’ tanto. Ci va un bel po’ di fiato.

4. La cresta di misto e’ un po’ impressionante, di qua e di la’ ci stanno qualche centinaio di metri di niente con cui fare i conti, mentre si procede in conserva coi ramponi su roccia coperta di neve e ghiaccio.

5. Il risalto da arrampicare seppur semplice, breve e protetto da corde fisse, c’e’. Non e’ che non c’e’, proprio c’e’. 20 metri di III, pero’ da fare con scarponi e ramponi ai piedi e i guanti sulle mani.

Nulla di quanto detto e’ impossibile/suicida/eroico, la difficolta’ di salita a questa vetta e’ gradata PD+ ovvero “Poco Difficile +”, l’inverno gli mette un po’ di pepe d’accordo ma nulla di piu’.

Chi se la sente, gli/le fa voglia o e’ semplicemente curioso/a si metta in contatto col CAZ (ad esempio commentando qui sotto), sara’ bellissimo :)

Una proposta del C.A.Z.! Immancabile! Imperdibile!

E’ da un po’ che la meno su questa storia, alla fine direi che le premesse per farlo davvero ci sono per cui eccoci qui all’invito ufficiale.

## Cosa? ##

Andare a fare “Via col vento” (70m circa, 4c MAX, 4 tiri, relazione qui e qui) alla rocca di Perti (Finale Ligure) di notte alla luce delle frontali.

## Quando? ##

Previsioni e calendario lunare alla mano, le sere buone sono quella di mercoledi’ 24/10 e di giovedi’ 25/10. Una roba tipo che si mangia leggeri, si sale e poi si prova a vedere se e’ ancora aperta a ca de Alice :)

## Chi? ##

Piu’ siamo piu’ ci divertiamo, per fare i secondi non e’ necessaria che un po’ di esperienza base di arrampicata multipitch, un caschetto, una frontale e materiale standard. Se invece venite a fare i primi meglio ancora, ne serve almeno 1 ogni 3 e di esperienza ne serve un filo di piu’…

20.000 metri e spicci a filo cielo [traversata dei Breithorn]

Tutta la giornata sopra ai 4000, 5 picchi sopra in una botta sola, il C.A.Z. ‘stavolta ci mette una tacca di un certo pregio :)

Di seguito qualche immagine colle didascalie, al prossimo post per un po’ di relazione & cronaca

  1. La sottile arte di fare lo zaino, qui messa in atto dal Socio sul parcheggio delle funivie di Cervinia
  2. Autoritratto con parcheggio
  3. Scritta su una parete del bivacco Rossi-Volante a 3.775 metri sul ghiacciaio di Verra. Molto bene.
  4. Poco dopo l’alba, foto fatta verso i Breithorn salendo sulla Roccia Nera. Volendo, notare l’inclinazione del nevaio.
  5. Nell’ordine: Vetta 4106, Breithorn orientale, Breithorn centrale, Breithorn occidentale (la calottina bianca di cui si nota uno spicchio accanto al suo vicino roccioso) e Dent d’Herens (sullo sfondo, e’ la vetta rocciosa con una banda bianca trasversale sotto la punta) visti dalla cima della Roccia Nera (4075)
  6. La cresta che porta dall’Orientale al Centrale, lo spigolo (o cresta) est del centrale stesso e Il Cervino sullo sfondo
  7. Calata dal versante ovest dell’orientale, la raffinata tecnica di calata in corda doppia del socio
  8. Sosta un filo (ma proprio un filo eh…) aerea in mezzo alla cresta est del Centrale
  9. Guardando indietro quasi dalla vetta del Centrale: Orientale, Vetta 4106, roccia nera, Polluce e Castore. Sullo sfondo Gnifetti e Lyskamm

 

Hallelujah! [un pezzo di C.A.Z. vicino al tetto d’europa]

E alla fine abbiamo portato il C.A.Z. (o almeno una parte…)  sul Monte Bianco, o almeno su una delle vette del Bianco, una che cmq non e’ male come rappresentativita’…

Un sacco di prime in questo giro, la prima volta sul Bianco, la prima volta in 3, la prima volta del Socio Biondo in alta quota, la prima volta che si fa’ un V a circa 4000, un sacco di roba :)

Due parole sulla via, scritte prendendo spunto MOLTO liberamente da questa relazione di Sassbaloss.

Descrizione generale

vedi il post precedente qui :)

Avvicinamento e punti di appoggio

Il punto di appoggio piu’ ovvio e sensato per fare il Dente e’ il Rifugio Torino, sia per chi ci dorme e parte all’alba come noi sia per ci ci passa soltanto e sale direttamente da Courmayeur. La stazione di partenza e’ nella frazione de La Palud, l’auto si lascia gratis 2 curve prima della stazione stessa. Un a/r per il rifugio sta a 34 € e l’opzione andare a piedi non esiste davvero, sono 2000 metri di dislivello su un pessimo sentiero, tra l’altro al momento chiuso perche sulla testa ti passano i montacarichi del cantiere della nuova funivia. Il ritorno vale anche nei giorni successivi, l’ultima corsa in giu’ e’ alle 17:00 che e’ un pacco… Dal punto di arrivo della funivia si salgono un centinaio di gradini che portano al Torino Vecchio, dove si dorme, magna, guarda il panorama e da dove si parte.

Attacco e descrizione della via

Dalla terrazza del Torino si prende una scalinata che ben presto si trasforma in sentiero pietroso (corrimano e gradini) lato “dente”, dopo 5 minuti suddetto sentiero finisce sul ghiacciaio, dove ci si imbraga, lega, estrae la piccozza e si parte davvero. Nel nostro caso prima dell’alba, per cui con anche le frontali accese, il che da’ una bellissima prospettiva sulle cordate che precedono. Inizialmente il ghiacciaio e’ in leggera discesa e non presenta alcuna difficolta’ a parte lo slalom sui crepacci (all’alba cmq abbastanza chiusi), si lascia a destra l’Aiguille Marbre’ e si prosegue poi in salita dapprima leggera e poi piu’ marcata puntando un evidente gendarme arancione sulla sinistra della barriera di sfasciumi sotto al dente. A fine stagione si risalgono gli sfasciumi direttamente sotto al gendarme mentre piu’ indietro (maggio, giugno) e’ ancora presente un canalino di neve che sale a 45° fino alla selletta a destra del gendarme stesso. Da qui si prosegue per la vaga cresta (qualche ometto, un paio di passaggi di II) avendo cura di non uscire troppo dalla traccia battuta dove i massi instabili sono un pericolo vero. Noi di persona personalmente abbiamo fatto un fuorivia di max 20 metri e abbiamo staccato un televisore di granito che ne ha portati con se almeno un altro paio… Fortuna che le cordate sotto erano in cresta.

In cima alla crestina si aggira a dx o a sx un gendarme giallastro (piu’ ripido e nevoso a sinistra, roccia e molto esposto a dx) per poi ricollegarsi per pochi metri alla cresta di Rochefort, abbandonarla a sinistra e con un ampio semicerchio lasciando a dx il Dente si arriva alla spianata di roccia e neve della salle à manger dove si molla l’equipaggiamento da ghiaccio e misto e ci si attrezza per i tiri su roccia. Nel nostro caso erano le 7:15 e faceva un freddo cane, la luce arrivera’ qui intorno alle 8, sulle placche della via intorno alle 9.

La via

L1: aggirare lo spigolo a sinistra e successivamente alzarsi un paio di metri. Poi obliquare verso sinistra entrando in un diedro aperto sino alla sosta (cordoni su clessidra+maglia rapida). 30 Mt., IV°, III°, corda fissa sul primo tratto, 2/3 spit, 1 sosta intermedia (2 chiodi).

[ndr: noi abbiamo attaccato alle 8, il tiro e’ tutto all’ombra e la tentazione e’ quella di farlo con scarponi e guanti. Si puo’ fare, ma la libera a quel punto diventa parecchio complicata]

L2: risalire il diedro fino al suo termine su tagli orizzontali e spacchi per poi uscirne a sinistra su di un terrazzino, passo di forza. Si sosta sul terrazzino o sul gradone appena soprastante. 35 Mt., III° pochi chiodi e 1 nut incastrato, ottime possibilita’ di assicurarsi con friend e nut.

[ndr: se c’e’ molto traffico fate sosta sopra al gradone sugli spit che tengono l’inizio del cordone. Qui e’ dove Mummery lascio il suo celeberrimo biglietto :)]

L3: Niente popodimeno che le placche Burgener :) Si attaccano sul bordo sinistro e la salita e’ una lunga e delicata progressione su tagli verticali, dulfer accennate e intagli orizzontali comodi per i piedi. Poco prima di una piccola cenga sulla destra c’e’ la possibilita’ di fare una sosta, altrimenti si prosegue per un muretto verticale a piccole scaglie oltre il quale si insegue obliquando a destra una bella lama a meta’ della quale si sosta. 55 Mt., IV+, V-, III, corda fissa e spit.

[ndr: ci si puo’ permettere di saltare la sosta a meta’ strada se e solo se si hanno corde di 60 metri, si rinvia lungo e la sosta sotto e’ stata fatta al di sopra del gradone. Noi abbiamo fatto cosi’ e Il Socio ha fatto sosta con 1 metro di corda d’avanzo… La placca si puo’ fare in libera ammesso che ci sia il sole, si abbia a disposizione qualche friend e non ci sia una ressa di cordate sotto che vi mozzica il culo]

L4: mediante gli ultimi metri della lama si raggiunge la base di un diedrino verticale con passo iniziale difficile. Dopo circa 6 metri il diedro è interrotto da un terrazzino. Spostarsi sul terrazzino leggermente a destra per riprendere il diedro, ora meno verticale, sino alla sosta (1 chiodo+1 tondino in ferro). 40 Mt, IV, V, IV, corda fissa, 1 chiodo.

[Il diedro e’ tosto. Vale il discorso del tiro precedente per la libera. Il tondino ha l’anello aperto… Occhio.]

L5: dopo pochi metri piu’ o meno verticali per uscire sopra la sosta si prosegue sull’aerea cresta (seguirne circa il filo, a volte a sx dello stesso a volte a dx, seguendo le tracce degli scarponi e alcuni friends incastrati nelle fessure) fino a sostare (2 spit con catena ed anello di calata) pochi metri sotto la cima occidentale (Punta Sella).
50 Mt., IV°, III°, corda fissa primo pezzo.

[ndr: Per il Socio Biondo e’ stato il battesimo su cresta. Nel senso cresta VERA, non le cazzate, ci stanno 2 km di esposizione lassu’…]

L6: salire sulla Punta Sella e scendere sul versante opposto. Due saltini di un paio di metri, di cui il secondo piu’ complicato e strapiombante (spit con cordino) deposita sulla sella tra le due punte della vetta. Si sosta alla base del secondo saltino o si traversa la sella e si sosta alla base della punta Graham. 30 Mt., III, 1 spit con cordino.

[ndr: Il secondo salto in discesa e’ un po’ impressionante, piu’ per chi segue che per il primo di cordata che assurdamente ha la corda dall’alto. Per i “bassi” (meno di 160 cm.) puo’ essere utile allungare il cordino appeso]

L7: si sale l’ultimo breve e semplice muretto che porta in vetta dove si sosta su spuntone o direttamente sulla madonna. 15 Mt., III+, corda fissa.

[ndr: Sosta su madonna, OH YEAH!]

Discesa

1 doppia sulla madonna riporta sulla sella tra le 2 punte, si prosegue fino alla base della punta Sella (ignorando l’orribile gioco di parole…) e la si aggira 1 mt. a sinistra, dalla sosta comincia una serie di 3 doppie di circa 50 mt ognuna (soste attrezzate con spit e anello)  che portano alla base del dente qualche metro sopra alla salle à manger. Li’ si riprende il materiale e si scende per gli sfasciumi dell’andata (delicati in discesa) e il ghiacciaio, nel pomeriggio ben piu’ crepacciato che all’alba.

[ndr: se si parte dal Torino alle 5:00 esiste la possibilita’ di prendere l’ultima funivia a scendere, se invece si parte alle 7:00 per pigliare il sole sulle placche e azzardare la libera pigliatevela pure comoda che vi aspetta una seconda notte al rifugio. Noi, per dire, siamo partiti alle 5 e abbiamo mancato la funivia di 10 minuti…]

Le foto

Le didascalie

  1. Welcome to Mordor! Il Dente dal Torino, in tutto il suo splendore quando emerge dalle nuvole
  2. Dall’altro lato del Torino, La cresta di Peuterey con da sx l’aiguille Noire, les Dames Anglaises, la Blanche,  il Freney, il Pilier d’Angle, il Bianco… Il Sogno con la i e la s maiuscole.
  3. Facce gia sfatte all’attacco degli sfasciumi, fa freddo, si nota anche e soprattutto dalla mise del socio biondo…
  4. Sempre sfasciumi ma decisamente piu’ in alto
  5. L’uscita sulla cresta di Rochefort, servono gli occhiali da sole da qui in poi
  6. La cosa brutta della salle à manger e’ il panorama :p
  7. Il Socio sulla placca Burgener. Mica pizza e fichi…
  8. Madonne OVUNQUE! Questa e’ in vetta…
  9. Dente del Gigante NO TAV!

Jeff Buckley

2 buoni motivi per andare a fare il Dente del Gigante

Questo qui e’ il primo motivo. Se non siete pratici con i profili del bianco e non lo riconoscete al volo sappiate che e’ quello li’, quello ovvio, quello che dici manno’ mica puo’ essere quello! E invece si.

Il secondo motivo lo prendo in prestito dalla guida monti d’Italia “Monte Bianco Volume 2″ di Renato Chabod, Lorenzo Grivel, Silvio Saglio e Gino Buscaini del 1968:

“Dente” alla valdostana, e non “Aiguille”, alla savoiarda. Come abbiamo avvertito nel primo volume “Aiguille, indica una cima ardita, una guglia”. Ora se il Dente visto da Nord rientra ancora nel genere Aiguille, da Sud e da Est si presenta invece come il più splendido esemplare della specie “Dente”, tanto per forma tanto per la candida “gengiva” nevosa da cui si erge. Anche sul versante savoiardo viene usato il toponimo “Dente”: Dent du Requin, du Crocodile, du Caiman, ecc…; ed il nostro Dente del Gigante deve pertanto non solo chiamarsi “Dente” ma essere considerato come il Dente per antonomasia, il prototipo della specie Dente. Prova ne sia, che mentre si dice “ho fatto il Requin, il Caiman”, si dice invece “ho fatto il Dente”, considerando inutile la specificazione “del Gigante”.

Malgrado questa sua caratterizzazione valdostana il Dente non si trova sulla cresta di confine, ma bensì interamente in territorio francese.
La prima ascensione del Dente è fin qui sempre stata assegnata ad Alessandro, Alfonso, Corradino e Gaudenzio Sella, che ne salirono la punta sud il 29 luglio 1882 con Jean Joseph, Battista e Daniele Maquignaz; ma la vetta era già stata raggiunta il precedente 28 dalle stesse guide, sì e come lealmente riconosce Alfonso Sella nel suo necrologio di J. J. Maquignaz: “L’abilità, la perseveranza ed il coraggio che il Maquignaz adoperò in quell’occasione verranno sempre ricordati, perché non sarà possibile superarli; dopo un attacco accanito la montagna dovette cedere alla volontà ferrea di quell’uomo. Egli giungeva alla cima col figlio e col nipote il giorno 28 luglio 1882. Noi eravamo alla capanna ad attenderlo…”. Benché il Sella parli indifferentemente del figlio e del nipote (non dimentichiamo che il capoguida Jean Joseph aveva allora la rispettabile età di 53 anni), l’uomo di punta fu in realtà il nipote Daniele, che “superò per primo tutti i passaggi difficili, essendo lui il più leggero ed il più alto”. Daniele Maquignaz (1846-1910: figlio di Jean Pierre fratello maggiore di Jean Joseph) fu senza subbio una guida straordinaria, molto superiore come arrampicatore all’erculeo ma pesante Alessandro Burgener, esperto sul ghiaccio, svelto come un gatto, rapidissimo, pieno di conscio ardimento che non trasmodava mai in temerarietà.
Nella salita del 29 luglio i Sella si divisero il due cordate: la prima composta da Alessandro e Gaudenzio, con J. J. e Daniele Maquignaz, la seconda da Alfonso e Corradino con Battista Maquignaz. Rinunziarono alla vetta più alta perché per raggiungerla “sarebbe occorsa un’ora di tempo, la quale mi faceva difetto, perché volevo lasciare il piacere della salita anche ai miei fratelli, che mi attendevano più sotto, e d’altronde il Dente era soggiogato, e la salita della seconda punta, incomparabilmente più facile della salita della cresta su cui stanno le due punte, non aveva più importanza alcuna”.
Restava così da conquistare la punta Nord: e vi provvide W. W. Granham con Alphonse Payot ed Auguste Cupelin, il 20 agosto 1882, rivendicando poi, in base all’argomento formale della vetta più alta, quella prima ascensione del Dente che sostanzialmente era invece già stata compiuta dai Maquignaz, per i suoi suesposti convincenti motivi Sella. Fra i tentativi va particolarmente ricordato quello di A. F. Mummery e A. Burgener, che nel 1880 raggiunsero la piattaforma ai piedi della gran placca, lasciandovi un bastone ed un biglietto con la scritta “absolutely inaccessible by fair means” (assolutamente inaccessibile con mezzi leali).
L’impiego di una pertica, di ‘parecchi decametri di corda’, di ‘punte di ferro’ e del martello con cui “il Maquignaz ebbe la felice idea di rompere la testata di questo straterello… tanto che il piede vi trovasse appoggio”, parve allora un sacrilegio, mentre fa oggi sorridere di fronte ai ben più perfetti e sicuri mezzi attuali di arrampicata artificiale: e non può comunque farci dimenticare il coraggio con cui i Maquignaz affrontarono una salita che dalla piattaforma Mummery, e per quel tempo, si presentava come veramente formidabile.”

Mica pizza e fichi…

Castore NoTAV

Faccio un po’ di didascalie…

1. Il Castore (vetta del massiccio del Monte Rosa 4.228 m s.l.m sulla catena Breithorn – Lyskamm – Dufur e spartiacque ITA – SUI) da pochi metri sotto al rifugio Quintino Sella

2. All’alba sulla cresta sud-est, foto presa verso “giu'” con una cordata dietro e i Lyskamm a sinistra. Molto freddo. Molto vento. Il che sulla cresta che vedete non e’ una festa…

3. Salendo, foto presa verso su’ un po’ piu’ tardi, la cresta si allarga un po’. E come al solito piu’ in su’ non c’e’ nessuno…

4. Scendendo, foto presa verso su’. La cosa piu’ pericolosa della salita e’ fatalmente incrociare scendendo le altre cordate che salgono. Notate Sua Maesta’ il Cervino a sx e piu’ a sx ancora il Dent D’Herens (vedi qui) :)

5. [VETTA] La corona imperiale, con il Weisshorn in mezzo

6. [VETTA] Una cordata che sale da Ovest. Dietro di questi c’era uno da solo con cui ci siamo fatti un sacco di coccole e un dialogo surreale:

IO: solo?!
LUI: yeah man. you too?!
IO: yep!
LUI: solo climbing is the best!
IO: only while it lasts
LUI: still the best!

7. [VETTA] Un’infilata di un certo pregio, Polluce, Roccia nera, i Breithorn e sullo sfondo Dent d’Herens, Cervino e Dent Blanche. Mica pizza e fichi… Se questa foto vi suggerisce una traversata in cresta siamo in due. Next time.

8. [VETTA] Castore NoTAV

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DISCLAIMER: non si salgono le montagne da soli. No! Nemmeno con la merda metereologica, tantomeno da soli E con la merda metereologica. Se lo fate e muorite, poi non dite eh l’avevo letto su antisocial che senno’ vi meno.
 

Voce del verbo iddiare

Io iddio, tu iddii, egli iddia, noi iddiamo, voi iddiate, essi iddiano.

[4:14:53 PM] [il sistemista]: la lista delle sottosezzzzzioni
[4:14:56 PM] [il grafico]: si
[4:14:57 PM] [il sistemista]: come te la faccio?
[4:14:59 PM] [il grafico]: ul li
[4:15:00 PM] [il sistemista]: ul li?
[4:15:02 PM] [il grafico]: si
[4:15:04 PM] [il sistemista]: e poi me la stili?
[4:15:12 PM] [il sistemista]: cosa iddio?
[4:15:19 PM] [il grafico]: cosa iddio che? che cazzo dici?
[4:15:43 PM] [il grafico]: “cosa?! iddio?!” vocativo?
[4:16:13 PM] [il sistemista]: no, dico: a cosa do un id?
[4:16:28 PM] [il sistemista]: all’ul? ai li?
[4:17:41 PM] [il grafico]: metti una classe all’ul
[4:19:13 PM] [il grafico]: e cmq tu sei strano. Anche se, metti caso, tua mamma ti dicesse che sei normale, non ci credere. Sei molto strano.

Log di skype in un pomeriggio troppo caldo per lavorare

Via “danza provenzale” alla rocca provenzale

Il C.A.Z. in una sua composizione atipica, allargata in fase festaiola e iper-ristretta in fase realizzatoria ha effettuato una trasfertona in val Maira (Piemonte) e per festeggiare il trentesimo genetliaco de “Il Socio” e per realizzare la via di cui in oggetto, suggerita da “La Socia”, che come al solito prima suggerisce e poi nojaltri si pena come degli stronzi :) No worries Socia, ti ci portiamo al piu’ presto!

La rocca provenzale e’ questo belinone di quarzite qui, la foto e’ presa dall’abitato di Chiappera e si vede bene la parete su cui corre la via e la vallata (a dx della rocca) su cui si sviluppa il sentiero d’avvicinamento.

Per la via cito un paio di relazioni, qui e qui (questo ultimo e’ un pdf) che pero’ in effetti non ci hanno DAVVERO soddisfatto, per cui mi permetterei di copincollarne una qui sotto (quella di cuneoclimbing.it) e mi permetterei addirittura di metterci delle note a margine che spero aiuteranno i ripetitori.

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primi salitori: Dino Degiovanni ed Enrico Bruno estate 2001
quota partenza (m.): 1700 circa
sviluppo (m.): 200
tempo di salita: 3 ore
difficoltà: D+ (V+ max)

[NDR: non e’ vero. Il max in libera, e’ 1 passaggio 1, il ristabilimento dopo lo strapiombo di L6, che FORSE era V+ all’epoca della chiodatura, adesso le prese buone chissa’ dove stanno, alla base della via credo, e in libera NON e’ niente di meno di 6a+]

esposizione: E
località partenza: poco sopra Chiappera
punti appoggio: Campeggio “Campo Base” o qualsiasi li’ attorno a Chiappera
periodi dell’anno consigliati: da maggio ad ottobre
materiale: 2 corde da 60, 10 rinvii, qualche friends medio piccolo

ACCESSO STRADALE E AVVICINAMENTO
Da Cuneo fino a Dronero, poi si percorre l’intera Valle Maira fino al suo termine. Arrivati a Chiappera si continua per 2 km circa fino alla partenza del sentiero per il Colle Greguri dove si lascia la macchina (cartello indicatore). Si percorre il sentiero per 30’ circa fino ad individuare la zona di attacco; giunti
ad un ripiano si piega verso sinistra per tracce fino alla base della parete.
La via attacca una decina di metri a sinistra della Bonelli, il primo spit, poco visibile, è posto sopra un tettino obliquo; la prima sosta è a sinistra di un evidente alberello su cui sosta la Bonelli.

[NDR: se non si guarda la foto in cima al pdf linkato lassu’ l’attacco e’ quasi impossibile da immaginare con questa descrizione. Durante l’avvicinamento, affiancando la prima meta’ della parete e’ evidentissimo lo spigolo su cui corre la via “Spigolo di Gaia”, e’ giallo e enorme; “danza provenzale” attacca 10 metri a destra di quello spigolo.]

Nella foto l’itinerario è quello in rosso.

[NDR: la foto e’ quella in cima al pdf di cui sopra]

ROCCIA
Quarzite da buona ad ottima; la presenza di zolle erbose sulla via non disturba più di tanto l’arrampicata.

CHIODATURA
A spit da 10 distanziata, soste su 2 spit con maillon

[NDR: occhio, che la chiodatura e’ distanziata davvero. Io e il socio abbiamo dedotto che la logica del chiodatore e’ stata: “quando e’ facile, il chiodo NON C’E'”. Non “e’ distante”, non c’e’ proprio… Quest’approccio puo’ impressionare i falesisti non tanto sui passaggi ++duri dove i chiodi ci sono (sul crux in strapiombo di L6 ci sono 3 spit in 2 metri…) ma sui passaggi sul IV/V dove bisogna mettere in conto dei runout di 7/8 metri]

DESCRIZIONE

L1 IV+ si sale facilmente una decina di metri su placca a gradoni fino ad un piccolo tettino, poi su placca fino ad una cengetta erbosa; un ultimo murettino con alcune lamette delicate porta in sosta su 2 fix (10 m a sinistra c’è S1 dello Spigolo di Gaia)

[NDR: 30 m. l’ultimo murettino se pur protetto non e’ niente banale.]

L2 V+: si sale la bellissima placca verticale con passaggi tecnici e delicati fino a piegare a destra su cengia erbosa dove è posta la seconda sosta

[NDR: 45 m. che sono tanti. “Piegare a dx.” e’ forse un po’ fuorviante in quanto il tiro e’ praticamente tutto verticale se non un pelo obliquo a sx. meno gli ultimi 3 metri. Questo tiro e’ molto tipico del resto della via: essa non ti molla un secondo. Non esistono 5 metri in cui ti riposi, la continuita’ e’ INCREDIBILE.]

L3 V: si sale il muretto fino ad uno strapiombetto che si supera utilizzando delle lame, poi una delicata placca verso sinistra porta sotto un muretto finale che si supera.

[NDR: 20 m. Che si supera? Come si supera? Boh… :) Bel tiro breve, il cui sviluppo tende a sinistra. Pigliatevi questa buona abitudine: se siete almeno 1 metro sopra all’ultimo chiodo e non vedete il prossimo, alla prima occasione mettete una protezione veloce.]

L4 V+: si attraversa verso sinistra prima facilmente, poi un passaggio verticale protetto bene, infine sempre sulla verticale si vince un muro articolato (possibilità di integrare) e si esce su un comodo ripiano in cui si sosta in comune con la classica Via Bonelli

[NDR: 25 m. Il traversino iniziale e il passaggio verticale che portano ad aggirare il tetto e la magnifica fessura off-width della “Bonelli” sono tosti. Ci stanno 3 chiodi in 10 metri che sembra uno spasso ma se ci arrivate allenati da falesia, sul passaggio verticale vi mettete a piangere. Cuore saldo, dita agili e piedi sicuri, questo passaggio, se lo fate da primi in libera ve lo potete rivendicare con gli amici]

L5 IV+/V: si supera il bombé sopra la sosta, poi fin sotto ad uno strampiobino (chiodatura distanziata), per placche più appoggiate con presenza di qualche zolla d’erba e con chiodatura da ricercare si arriva alla sosta su placca inclinata

[NDR: 50 m. Tantissimi. I 2 strapiombetti sono da azzeccare bene, il problema vero pero’ e’ la caccia al tesoro da fare per trovare i chiodi… Ricordatevi della regola d’oro sulle protezioni rapide]

L6 V+/AO per placca inclinata su giunge sotto un bel strapiombo chiodato vicino che si supera, uscendo su una rampa inclinata ascendente verso destra (attenzione a alcune lame instabili appoggiate) a cui segue un bel muretto verticale ben ammanigliato, poi più facilmente, ma sprotetto si arriva in sosta. E’ probabile che alcune prese che permettevano agevolmente il ristabilimento sullo
strapiombo siano saltate via: i primi salitori hanno gradato la libera in V+.

[NDR: non e’ probabile, e’ sicuro. La libera di ‘sta roba non e’ meno di 6a+. Dopo il cosiddetto muro verticale ammanigliato c’e’ quella che sembra una sosta intermedia. Fatela. Vi permette di far correre meglio le corde proteggendo il secondo che sale sullo strapiombo, Poi da li’ rimane un tirello di 20 metri di III con 2 spit fino alla sosta vera e propria che conclude la via.]

Discesa: In doppia sulla via o si prosegue ancora su terreno da attrezzare fino a raggiungere la normale della Provenzale.

[NDR: fate le doppie. Dalla fine della via ci si cala fino alla sosta sotto allo strapiombo, poi un’altra doppia solo per L5, poi una L4 + L3 (occhio che e’ parecchio diagonale a destra e non mancate la sosta in cima a L2 senno’ siete nella merda. Annodate le corde.) e poi fino alla base, avendo cura di passare a destra (salendo…) dell’alberello e SOLO E SOLTANTO se siete MATEMATICAMENTE CERTI che le corde siano 60 metri, noi siamo arrivati per terra con meno di 2 metri d’avanzo…]

Commenti personali: Piacevole arrampicata con molti passaggi di precisione. La spittatura è abbastanza sportiva, forse troppo considerando che la via per la difficoltà apparentemente bassa, può attirare cordate con poca esperienza. Abbinabile se si è veloci con la vicina Spigolo di Gaia.

[NDR: sono parole sante. Se il vostro grado max tecnico e psicologico e’ il 6a+ in falesia con 1 spit ogni 2 metri occhio che questa via vi mena. Forte.]

Il C.A.Z. alla riscossa!

[Leggete il disclaimer]

Grande exploit del CAZ (Club Alpino Zapatista) in quel della val Cerusa (gia teatro di imprese mica da ridere, tipo questa e questa) e piu’ precisamente nella zona della nuova via Andrea e Paolo di cui segnalo la relazione fatta da uno dei chiodatori nonche’ il topic relativo sul forum di quotazero.

Leggetela bene la relazione che fa il buon Christian Roccati sul suo sito, per almeno 2 motivi:

  1. suddetto Roccati scrive bene e vale la pena farsi un giro sul suo sito e leggersi un po’ della sua roba, sia online che dentro ai suoi libri
  2. la storia della via e’ abbastanza cruciale per capire perche’ e quanto ci teniamo a questo posto.

L’exploit e’ la realizzazione di una variante di questa via, precisamente al terzultimo e al penultimo tiro. Dovessi scriverne la relazione lo farei cosi':

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Variante al terzultimo e penultimo tiro della nuova via Andrea e Paolo – TD (+?) 30m max VI+(obbl. VI/A2)

Il tiro e’ stato aperto e chiodato dal basso senza l’ausilio di corde fisse, cliffhanger o altro, un rack di friends da una parte, martello e chiodi dall’altra :)

La variante attacca la placca direttamente sopra le roccette di collegamento tra L8 e L9 e sale dritto per dritto in verticale una decina di metri in basso a destra rispetto all’attacco di L9.

Dalla base si vede un chiodo di colore verde sopra un risalto leggermente strapiombante, lo si raggiunge leggermente da destra e si punta il prossimo  chiodo anch’esso di colore verde circa 4 metri piu’ in alto, piazzato alla base di una bellissima dulfer che si sale completamente. Si protegge benissimo a friends medi (1-1,5 bd.) o a nut grandi.
Finita la dulfer si prosegue  lungo una spaccatura che sale in alto a destra (chiodo grigio), all’altezza del chiodo stesso si traversa 2 metri a dx per poi salire in verticale (delicato) puntando l’evidente spaccatura sotto la pancia strapiombante (2 chiodi ravvicinati, 1 a “v” sulla spaccatura e 1 piatto poco piu’ in basso a destra).

La pancia si attacca verticalmente sopra al chiodo nella spaccatura inseguendo in netto strapiombo una serie di tagli orizzontali che si sfruttano come buoni appigli per le mani. Dopo il primo passo di forza si trova un chiodo color inox e poco sopra di esso sui tagli orizzontali e’ possibile proteggersi con friends medio-grandi (2-3 bd.).

Dopo la serie di tagli orizzontali si traversa un metro a destra e su buoni appigli ma sempre in strapiombo si raggiunge la cima di un evidente pilastrino.
Da li’ in poi piu’ facilmente fino a una cengetta con un alberello con cordino (zero chiodi, eventualmente proteggibile con friends medi) e oltre l’ultimo risalto roccioso fino a una cengia ben piu’ grande dove si puo’ sostare su un enorme albero.

NB: questa variante e’ decisamente piu’ difficile della via originale e prevede un livello di ingaggio parecchio maggiore, su 30 metri di sviluppo ci sono infatti 5 chiodi (chiodi, non spit) e il resto va protetto aleatoriamente, compreso lo strapiombo di 6a. Bisogna mettere in conto dei runout tra i 5 e i 7 metri sui passaggi meno compicati. Oltre a cio’ va valutato che la roccia su questo tiro e’ praticamente vergine, al momento in cui scrivo esso e’ stato percorso 5 volte (non per dire poche eh, proprio 5 volte di numero. Compresa l’apertura.) questo significa non che ci sia “rischio” di rompere qualche appiglio, ce n’e’ quasi certezza.

Per questi motivi la ripetizione di questa variante e’ consigliata solamente a chi padroneggia sia il grado che le tecniche di protezione aleatorie.

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DISCLAIMER: non si salgono le montagne da soli. No! Nemmeno con la merda metereologica, tantomeno da soli E con la merda metereologica. Se lo fate e muorite, poi non dite eh l’avevo letto su antisocial che senno’ vi meno. Un’altra cosa che non si fa’ e’ chiodare dal basso le vie di VI grado :)

 

Macerie part 5 – Season Finale [BASTA MACERIE]

Comunico con la presente alle Signorie Vostre che, come quel bel giorno di maggio del 1945, finalmente sventola un drappo di vittoria sopra alle macerie.

Gioite popoli! Sollevate i vostri cuori! Siamo alla fine delle peripezie!

E soprattutto venite alla festa di inaugurazione (AHAHAHAHAH…) sabato 16/6 dalle 19:00 in poi. Se sapete dove sta o avete contatti con qualcuno che lo sa, siete invitati. Piu’ siamo piu’ ci divertiamo e le nuove putrelle sono li’ a garantire che anche se siamo un miliardo non crolla tutto!