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Hallelujah! [un pezzo di C.A.Z. vicino al tetto d’europa]

E alla fine abbiamo portato il C.A.Z. (o almeno una parte…)  sul Monte Bianco, o almeno su una delle vette del Bianco, una che cmq non e’ male come rappresentativita’…

Un sacco di prime in questo giro, la prima volta sul Bianco, la prima volta in 3, la prima volta del Socio Biondo in alta quota, la prima volta che si fa’ un V a circa 4000, un sacco di roba :)

Due parole sulla via, scritte prendendo spunto MOLTO liberamente da questa relazione di Sassbaloss.

Descrizione generale

vedi il post precedente qui :)

Avvicinamento e punti di appoggio

Il punto di appoggio piu’ ovvio e sensato per fare il Dente e’ il Rifugio Torino, sia per chi ci dorme e parte all’alba come noi sia per ci ci passa soltanto e sale direttamente da Courmayeur. La stazione di partenza e’ nella frazione de La Palud, l’auto si lascia gratis 2 curve prima della stazione stessa. Un a/r per il rifugio sta a 34 € e l’opzione andare a piedi non esiste davvero, sono 2000 metri di dislivello su un pessimo sentiero, tra l’altro al momento chiuso perche sulla testa ti passano i montacarichi del cantiere della nuova funivia. Il ritorno vale anche nei giorni successivi, l’ultima corsa in giu’ e’ alle 17:00 che e’ un pacco… Dal punto di arrivo della funivia si salgono un centinaio di gradini che portano al Torino Vecchio, dove si dorme, magna, guarda il panorama e da dove si parte.

Attacco e descrizione della via

Dalla terrazza del Torino si prende una scalinata che ben presto si trasforma in sentiero pietroso (corrimano e gradini) lato “dente”, dopo 5 minuti suddetto sentiero finisce sul ghiacciaio, dove ci si imbraga, lega, estrae la piccozza e si parte davvero. Nel nostro caso prima dell’alba, per cui con anche le frontali accese, il che da’ una bellissima prospettiva sulle cordate che precedono. Inizialmente il ghiacciaio e’ in leggera discesa e non presenta alcuna difficolta’ a parte lo slalom sui crepacci (all’alba cmq abbastanza chiusi), si lascia a destra l’Aiguille Marbre’ e si prosegue poi in salita dapprima leggera e poi piu’ marcata puntando un evidente gendarme arancione sulla sinistra della barriera di sfasciumi sotto al dente. A fine stagione si risalgono gli sfasciumi direttamente sotto al gendarme mentre piu’ indietro (maggio, giugno) e’ ancora presente un canalino di neve che sale a 45° fino alla selletta a destra del gendarme stesso. Da qui si prosegue per la vaga cresta (qualche ometto, un paio di passaggi di II) avendo cura di non uscire troppo dalla traccia battuta dove i massi instabili sono un pericolo vero. Noi di persona personalmente abbiamo fatto un fuorivia di max 20 metri e abbiamo staccato un televisore di granito che ne ha portati con se almeno un altro paio… Fortuna che le cordate sotto erano in cresta.

In cima alla crestina si aggira a dx o a sx un gendarme giallastro (piu’ ripido e nevoso a sinistra, roccia e molto esposto a dx) per poi ricollegarsi per pochi metri alla cresta di Rochefort, abbandonarla a sinistra e con un ampio semicerchio lasciando a dx il Dente si arriva alla spianata di roccia e neve della salle à manger dove si molla l’equipaggiamento da ghiaccio e misto e ci si attrezza per i tiri su roccia. Nel nostro caso erano le 7:15 e faceva un freddo cane, la luce arrivera’ qui intorno alle 8, sulle placche della via intorno alle 9.

La via

L1: aggirare lo spigolo a sinistra e successivamente alzarsi un paio di metri. Poi obliquare verso sinistra entrando in un diedro aperto sino alla sosta (cordoni su clessidra+maglia rapida). 30 Mt., IV°, III°, corda fissa sul primo tratto, 2/3 spit, 1 sosta intermedia (2 chiodi).

[ndr: noi abbiamo attaccato alle 8, il tiro e’ tutto all’ombra e la tentazione e’ quella di farlo con scarponi e guanti. Si puo’ fare, ma la libera a quel punto diventa parecchio complicata]

L2: risalire il diedro fino al suo termine su tagli orizzontali e spacchi per poi uscirne a sinistra su di un terrazzino, passo di forza. Si sosta sul terrazzino o sul gradone appena soprastante. 35 Mt., III° pochi chiodi e 1 nut incastrato, ottime possibilita’ di assicurarsi con friend e nut.

[ndr: se c’e’ molto traffico fate sosta sopra al gradone sugli spit che tengono l’inizio del cordone. Qui e’ dove Mummery lascio il suo celeberrimo biglietto :)]

L3: Niente popodimeno che le placche Burgener :) Si attaccano sul bordo sinistro e la salita e’ una lunga e delicata progressione su tagli verticali, dulfer accennate e intagli orizzontali comodi per i piedi. Poco prima di una piccola cenga sulla destra c’e’ la possibilita’ di fare una sosta, altrimenti si prosegue per un muretto verticale a piccole scaglie oltre il quale si insegue obliquando a destra una bella lama a meta’ della quale si sosta. 55 Mt., IV+, V-, III, corda fissa e spit.

[ndr: ci si puo’ permettere di saltare la sosta a meta’ strada se e solo se si hanno corde di 60 metri, si rinvia lungo e la sosta sotto e’ stata fatta al di sopra del gradone. Noi abbiamo fatto cosi’ e Il Socio ha fatto sosta con 1 metro di corda d’avanzo… La placca si puo’ fare in libera ammesso che ci sia il sole, si abbia a disposizione qualche friend e non ci sia una ressa di cordate sotto che vi mozzica il culo]

L4: mediante gli ultimi metri della lama si raggiunge la base di un diedrino verticale con passo iniziale difficile. Dopo circa 6 metri il diedro è interrotto da un terrazzino. Spostarsi sul terrazzino leggermente a destra per riprendere il diedro, ora meno verticale, sino alla sosta (1 chiodo+1 tondino in ferro). 40 Mt, IV, V, IV, corda fissa, 1 chiodo.

[Il diedro e’ tosto. Vale il discorso del tiro precedente per la libera. Il tondino ha l’anello aperto… Occhio.]

L5: dopo pochi metri piu’ o meno verticali per uscire sopra la sosta si prosegue sull’aerea cresta (seguirne circa il filo, a volte a sx dello stesso a volte a dx, seguendo le tracce degli scarponi e alcuni friends incastrati nelle fessure) fino a sostare (2 spit con catena ed anello di calata) pochi metri sotto la cima occidentale (Punta Sella).
50 Mt., IV°, III°, corda fissa primo pezzo.

[ndr: Per il Socio Biondo e’ stato il battesimo su cresta. Nel senso cresta VERA, non le cazzate, ci stanno 2 km di esposizione lassu’…]

L6: salire sulla Punta Sella e scendere sul versante opposto. Due saltini di un paio di metri, di cui il secondo piu’ complicato e strapiombante (spit con cordino) deposita sulla sella tra le due punte della vetta. Si sosta alla base del secondo saltino o si traversa la sella e si sosta alla base della punta Graham. 30 Mt., III, 1 spit con cordino.

[ndr: Il secondo salto in discesa e’ un po’ impressionante, piu’ per chi segue che per il primo di cordata che assurdamente ha la corda dall’alto. Per i “bassi” (meno di 160 cm.) puo’ essere utile allungare il cordino appeso]

L7: si sale l’ultimo breve e semplice muretto che porta in vetta dove si sosta su spuntone o direttamente sulla madonna. 15 Mt., III+, corda fissa.

[ndr: Sosta su madonna, OH YEAH!]

Discesa

1 doppia sulla madonna riporta sulla sella tra le 2 punte, si prosegue fino alla base della punta Sella (ignorando l’orribile gioco di parole…) e la si aggira 1 mt. a sinistra, dalla sosta comincia una serie di 3 doppie di circa 50 mt ognuna (soste attrezzate con spit e anello)  che portano alla base del dente qualche metro sopra alla salle à manger. Li’ si riprende il materiale e si scende per gli sfasciumi dell’andata (delicati in discesa) e il ghiacciaio, nel pomeriggio ben piu’ crepacciato che all’alba.

[ndr: se si parte dal Torino alle 5:00 esiste la possibilita’ di prendere l’ultima funivia a scendere, se invece si parte alle 7:00 per pigliare il sole sulle placche e azzardare la libera pigliatevela pure comoda che vi aspetta una seconda notte al rifugio. Noi, per dire, siamo partiti alle 5 e abbiamo mancato la funivia di 10 minuti…]

Le foto

Le didascalie

  1. Welcome to Mordor! Il Dente dal Torino, in tutto il suo splendore quando emerge dalle nuvole
  2. Dall’altro lato del Torino, La cresta di Peuterey con da sx l’aiguille Noire, les Dames Anglaises, la Blanche,  il Freney, il Pilier d’Angle, il Bianco… Il Sogno con la i e la s maiuscole.
  3. Facce gia sfatte all’attacco degli sfasciumi, fa freddo, si nota anche e soprattutto dalla mise del socio biondo…
  4. Sempre sfasciumi ma decisamente piu’ in alto
  5. L’uscita sulla cresta di Rochefort, servono gli occhiali da sole da qui in poi
  6. La cosa brutta della salle à manger e’ il panorama :p
  7. Il Socio sulla placca Burgener. Mica pizza e fichi…
  8. Madonne OVUNQUE! Questa e’ in vetta…
  9. Dente del Gigante NO TAV!

Jeff Buckley

2 buoni motivi per andare a fare il Dente del Gigante

Questo qui e’ il primo motivo. Se non siete pratici con i profili del bianco e non lo riconoscete al volo sappiate che e’ quello li’, quello ovvio, quello che dici manno’ mica puo’ essere quello! E invece si.

Il secondo motivo lo prendo in prestito dalla guida monti d’Italia “Monte Bianco Volume 2″ di Renato Chabod, Lorenzo Grivel, Silvio Saglio e Gino Buscaini del 1968:

“Dente” alla valdostana, e non “Aiguille”, alla savoiarda. Come abbiamo avvertito nel primo volume “Aiguille, indica una cima ardita, una guglia”. Ora se il Dente visto da Nord rientra ancora nel genere Aiguille, da Sud e da Est si presenta invece come il più splendido esemplare della specie “Dente”, tanto per forma tanto per la candida “gengiva” nevosa da cui si erge. Anche sul versante savoiardo viene usato il toponimo “Dente”: Dent du Requin, du Crocodile, du Caiman, ecc…; ed il nostro Dente del Gigante deve pertanto non solo chiamarsi “Dente” ma essere considerato come il Dente per antonomasia, il prototipo della specie Dente. Prova ne sia, che mentre si dice “ho fatto il Requin, il Caiman”, si dice invece “ho fatto il Dente”, considerando inutile la specificazione “del Gigante”.

Malgrado questa sua caratterizzazione valdostana il Dente non si trova sulla cresta di confine, ma bensì interamente in territorio francese.
La prima ascensione del Dente è fin qui sempre stata assegnata ad Alessandro, Alfonso, Corradino e Gaudenzio Sella, che ne salirono la punta sud il 29 luglio 1882 con Jean Joseph, Battista e Daniele Maquignaz; ma la vetta era già stata raggiunta il precedente 28 dalle stesse guide, sì e come lealmente riconosce Alfonso Sella nel suo necrologio di J. J. Maquignaz: “L’abilità, la perseveranza ed il coraggio che il Maquignaz adoperò in quell’occasione verranno sempre ricordati, perché non sarà possibile superarli; dopo un attacco accanito la montagna dovette cedere alla volontà ferrea di quell’uomo. Egli giungeva alla cima col figlio e col nipote il giorno 28 luglio 1882. Noi eravamo alla capanna ad attenderlo…”. Benché il Sella parli indifferentemente del figlio e del nipote (non dimentichiamo che il capoguida Jean Joseph aveva allora la rispettabile età di 53 anni), l’uomo di punta fu in realtà il nipote Daniele, che “superò per primo tutti i passaggi difficili, essendo lui il più leggero ed il più alto”. Daniele Maquignaz (1846-1910: figlio di Jean Pierre fratello maggiore di Jean Joseph) fu senza subbio una guida straordinaria, molto superiore come arrampicatore all’erculeo ma pesante Alessandro Burgener, esperto sul ghiaccio, svelto come un gatto, rapidissimo, pieno di conscio ardimento che non trasmodava mai in temerarietà.
Nella salita del 29 luglio i Sella si divisero il due cordate: la prima composta da Alessandro e Gaudenzio, con J. J. e Daniele Maquignaz, la seconda da Alfonso e Corradino con Battista Maquignaz. Rinunziarono alla vetta più alta perché per raggiungerla “sarebbe occorsa un’ora di tempo, la quale mi faceva difetto, perché volevo lasciare il piacere della salita anche ai miei fratelli, che mi attendevano più sotto, e d’altronde il Dente era soggiogato, e la salita della seconda punta, incomparabilmente più facile della salita della cresta su cui stanno le due punte, non aveva più importanza alcuna”.
Restava così da conquistare la punta Nord: e vi provvide W. W. Granham con Alphonse Payot ed Auguste Cupelin, il 20 agosto 1882, rivendicando poi, in base all’argomento formale della vetta più alta, quella prima ascensione del Dente che sostanzialmente era invece già stata compiuta dai Maquignaz, per i suoi suesposti convincenti motivi Sella. Fra i tentativi va particolarmente ricordato quello di A. F. Mummery e A. Burgener, che nel 1880 raggiunsero la piattaforma ai piedi della gran placca, lasciandovi un bastone ed un biglietto con la scritta “absolutely inaccessible by fair means” (assolutamente inaccessibile con mezzi leali).
L’impiego di una pertica, di ‘parecchi decametri di corda’, di ‘punte di ferro’ e del martello con cui “il Maquignaz ebbe la felice idea di rompere la testata di questo straterello… tanto che il piede vi trovasse appoggio”, parve allora un sacrilegio, mentre fa oggi sorridere di fronte ai ben più perfetti e sicuri mezzi attuali di arrampicata artificiale: e non può comunque farci dimenticare il coraggio con cui i Maquignaz affrontarono una salita che dalla piattaforma Mummery, e per quel tempo, si presentava come veramente formidabile.”

Mica pizza e fichi…