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Il C.A.Z. alla riscossa!

[Leggete il disclaimer]

Grande exploit del CAZ (Club Alpino Zapatista) in quel della val Cerusa (gia teatro di imprese mica da ridere, tipo questa e questa) e piu’ precisamente nella zona della nuova via Andrea e Paolo di cui segnalo la relazione fatta da uno dei chiodatori nonche’ il topic relativo sul forum di quotazero.

Leggetela bene la relazione che fa il buon Christian Roccati sul suo sito, per almeno 2 motivi:

  1. suddetto Roccati scrive bene e vale la pena farsi un giro sul suo sito e leggersi un po’ della sua roba, sia online che dentro ai suoi libri
  2. la storia della via e’ abbastanza cruciale per capire perche’ e quanto ci teniamo a questo posto.

L’exploit e’ la realizzazione di una variante di questa via, precisamente al terzultimo e al penultimo tiro. Dovessi scriverne la relazione lo farei cosi':

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Variante al terzultimo e penultimo tiro della nuova via Andrea e Paolo – TD (+?) 30m max VI+(obbl. VI/A2)

Il tiro e’ stato aperto e chiodato dal basso senza l’ausilio di corde fisse, cliffhanger o altro, un rack di friends da una parte, martello e chiodi dall’altra :)

La variante attacca la placca direttamente sopra le roccette di collegamento tra L8 e L9 e sale dritto per dritto in verticale una decina di metri in basso a destra rispetto all’attacco di L9.

Dalla base si vede un chiodo di colore verde sopra un risalto leggermente strapiombante, lo si raggiunge leggermente da destra e si punta il prossimo  chiodo anch’esso di colore verde circa 4 metri piu’ in alto, piazzato alla base di una bellissima dulfer che si sale completamente. Si protegge benissimo a friends medi (1-1,5 bd.) o a nut grandi.
Finita la dulfer si prosegue  lungo una spaccatura che sale in alto a destra (chiodo grigio), all’altezza del chiodo stesso si traversa 2 metri a dx per poi salire in verticale (delicato) puntando l’evidente spaccatura sotto la pancia strapiombante (2 chiodi ravvicinati, 1 a “v” sulla spaccatura e 1 piatto poco piu’ in basso a destra).

La pancia si attacca verticalmente sopra al chiodo nella spaccatura inseguendo in netto strapiombo una serie di tagli orizzontali che si sfruttano come buoni appigli per le mani. Dopo il primo passo di forza si trova un chiodo color inox e poco sopra di esso sui tagli orizzontali e’ possibile proteggersi con friends medio-grandi (2-3 bd.).

Dopo la serie di tagli orizzontali si traversa un metro a destra e su buoni appigli ma sempre in strapiombo si raggiunge la cima di un evidente pilastrino.
Da li’ in poi piu’ facilmente fino a una cengetta con un alberello con cordino (zero chiodi, eventualmente proteggibile con friends medi) e oltre l’ultimo risalto roccioso fino a una cengia ben piu’ grande dove si puo’ sostare su un enorme albero.

NB: questa variante e’ decisamente piu’ difficile della via originale e prevede un livello di ingaggio parecchio maggiore, su 30 metri di sviluppo ci sono infatti 5 chiodi (chiodi, non spit) e il resto va protetto aleatoriamente, compreso lo strapiombo di 6a. Bisogna mettere in conto dei runout tra i 5 e i 7 metri sui passaggi meno compicati. Oltre a cio’ va valutato che la roccia su questo tiro e’ praticamente vergine, al momento in cui scrivo esso e’ stato percorso 5 volte (non per dire poche eh, proprio 5 volte di numero. Compresa l’apertura.) questo significa non che ci sia “rischio” di rompere qualche appiglio, ce n’e’ quasi certezza.

Per questi motivi la ripetizione di questa variante e’ consigliata solamente a chi padroneggia sia il grado che le tecniche di protezione aleatorie.

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DISCLAIMER: non si salgono le montagne da soli. No! Nemmeno con la merda metereologica, tantomeno da soli E con la merda metereologica. Se lo fate e muorite, poi non dite eh l’avevo letto su antisocial che senno’ vi meno. Un’altra cosa che non si fa’ e’ chiodare dal basso le vie di VI grado :)

 

Le vergini delle rocce

Cosa commentare a cotanta roba? Un paio di precisazioni al massimo: nella prima immagine notare soprattutto la cazzimma, il rocchenroll e la calma serafica con cui viene affrontata la discesa in moulinette, la prima della vita, e chi l’ha provato lo sa che non e’ un momento facile…

Della seconda immagine notate la catena 1 metro sopra all’ultimo chiodo, notate la corda che sale e deducete pure che la ragazza va da prima :)

Siamo alle placche delle ferriere, a Fiorino in val Cerusa.

Via 11 giugno – val cerusa

Mi fregio di copincollare la relazione di una nuova via alpinistica scoperta, chiodata e aperta da amici fraterni e con la complicita’ dello scrivente e della banda di scappati di casa con i quali si arrampica di solito. Gipsy climbing alla riscossa!

Torre Laura, Via 11 giugno, 130mt, max V

Storia: dopo rocca du fò e le continue esplorazioni degli angoli più selvaggi della Val Cerusa, la scoperta di questo piccolo Drus della valle ci ha convinto del fatto che dì lì sarebbe potuta nascere una o più vie. E così è stato. Arrampicare su queste rocce, però, necessita familiarità con la roccia ligure (serpentinite). Occorre pertanto sapere che essa può essere molto solida in alcuni tratti quanto friabile e instabile in altri. E’ pertanto necessario approcciarla con prudenza e calma, tastare gli appigli e controllare la chiodatura. Con questi accorgimenti, l’arrampicata può di certo presentare aspetti di grandissima soddisfazione in un ambiente selvaggio e quasi incontaminato proprio alle spalle di Genova.

Avvicinamento: dal parcheggio antistante il cimitero di Fiorino si segue la strada asfaltata in salita (con sbarra di divieto di accesso ai non residenti) fino alle Case Soggi. Da qui si seguono i segnavia “rombo rosso” per 20min circa. Si oltrepassa Pian della Biscia (ometti in pietra e rombi rossi) si segue il sentiero molto panoramico fino ad arrivare sotto l’evidente torre sulla sx. Si rimonta un breve canale erboso, si piega a dx fino ad arrivare ad una placca iniziale segnalata da un chiodo rosso e dal nome della via.

[ndr: Fiorino da oggi in poi sara’ nota come la Cervinia della val cerusa :)]

I: si sale verticalmente per circa 20 mt poi si devia verso dx dentro un diedro seguendo i chiodi (V). Si rimonta il diedro fino alla sosta posta su cengia sulla sx. (25mt, IV con un passaggio di V, 5 chiodi);

[ndr: il chiodo sulla sinistra prima di entrare nel diedro e’ in una certa misura “sviante”. Vale la pena moschettonarlo in punta di piedi, scendee di un passo e traversare a dx all’inizio del diedro]

II: si risale il canale a dx della sosta tendendosi sulla rocce a sx, si obliqua a dx fino a raggiungere lo spigolo che si risale con buoni appigli fino alla sosta (20mt, IV, 4 chiodi);

[ndr: esposizione e panorama INCREDIBILI.]

III: dalla sosta ci si sposta con un passo a sx e si risale verticalmente seguendo lo spigolo con buoni appigli fino a raggiungere la sosta al termine del torrione (20mt, IV, 3 chiodi);

IV: si segue una cengia erbosa fino all’attacco di una facile e panoramica cresta che in 40mt circa conduce alla vetta (50mt, II, III, eventuali cordini su spuntoni).

[ndr: si puo’ fare 1 tiro sulla cengia e andare su’ per la cresta in conserva sprotetta avendo cura di passare la corda di qua’ e di la’ dagli spuntoni di roccia]

VARIANTE (dedicata a Vittorio Arrigoni): dalla prima sosta, obliquando a sx in leggera discesa su una facile cengia si giunge all’attacco di un meraviglioso diedro (sosta, 2 chiodi e cordino rosso). Da qui parte il primo tiro della variante del diedro:

II bis: si attacca e si segue integralmente il diedro fino alla sosta oltre il suo bordo superiore su comodo terrazzino (15 mt, molti chiodi. Infatti il tiro è stato aperto dal basso in artificiale. Manca quindi ad oggi una realistica valutazione del grado in libera, che è comunque intorno al VI);

[ndr: questo tiro vale il viaggio. Non solo da Genova, varrebbe il viaggio anche da Roma. In via ci sono almeno 13 chiodi che sono un’enormita’. Poi pero’ sali e come per magia li moschettoni tutti. Questo tiro ha una ripetizione in libera “sporca” (1 resting e mezzo) fatta una domenica d’inverno con un freddo porco e 30 nodi di tramontana, il grado proposto e’ VII UIAA. Provare per credere. ]

III bis: si risale una spaccatura nella roccia, seguendo i chiodi e obliquando a sx. Si arriva ad una placca impegnativa e da lì in breve con arrampicata più facile e lievemente abbattuta si arriva alla sosta sulla cengia (25mt, IV, 5 chiodi). Importante: questo ultimo tiro (dal quale si prosegue fino in vetta con l’ultimo tiro della via originale) alterna tratti di roccia buona e compatta ad altri di roccia instabile e lame mobili!

Tutte le soste sono attrezzate con 2 chiodi, cordone e maillon.